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Ragione di Stato o affare di stato?

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Sono reduce dalla visione di "Ragion di Stato" su raiuno. La fiction con la lesbica in prima serata.
Non male, in verità. Lei era egualmente affaccendata nel cucinare pirottini al cioccolato per la cumpa delle amiche e nel fare missioni all'estero per i servizi segreti dell'esercito. Brava! Brava anche nel dare casti baci alla fidanzata, mentre l'alter ego maschio si dava parecchio da fare con la bella-islamica-da-salvare di turno.
Ma tutto si perdona, in una ragione di stato che si dissenna da sé medesima divenendo un a-ffare di Stato. Soprattutto nel senso di "love affair".
E cosa può, l'amore? Può rivelarci chi siamo, per esempio: cosa non da poco, soprattutto se si è militari della Repubblica.
E così i nostri se ne sbattono dei parrucconi di Palazzo Chigi e anche degli antipatici della Cia cercando con ferrea determinazione di favorire solo l'affare interculturale, con discreti risultati e smitragliamente, in stile "La piovra".
Lui si chiama Rosso, nome strano per un ex marò. Sedicente? Seducente di sicuro.
Miracolo di un ibridismo televisivo polimorfo e perverso che giunge al suo culmine quando la maggiore lesbica rivela di essere entrata nell'Ordine solo perché il padre generale dei caramba non la accettava, e lei voleva farglielo vedere, quanto era brava... ma ora, libera dal Superio sbirresco, pensa solo a favorire l'"affare" libanese di Rosso (libano rosso? forse, nelle prossime puntate, anche cannoni di puro hashish senza proiettili, ça va sans dire).
Lesbiche tutto sommato plausibili, marò non lo so, ma quel che è certo è che soffia un vento antagonista anche in Raiuno.
Venceremos, anche se pare che i vampiri di Twilight abbiano avuto più ascolti. Ma sono potenti alleati, vero?






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