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Rogers, il coming out come un gol
"Nel calcio non c'è posto per i gay"
Le confessioni del calciatore inglese che ha dichiarato la sua omossessualità e lasciato il calcio: "Sarebbe diventato insopportabile: ricordo sempre gli allenatori che gridavano: non passare la palla come un frocio..."dal corrispondente ENRICO FRANCESCHINI
LONDRA - "Mi domando cosa sarebbe accaduto se avessi annunciato che sono gay continuando a giocare. Forse niente, forse i miei compagni del Leeds mi avrebbero dato una pacca sulle spalle e detto 'bravo'. Ma i tifosi allo stadio non me l'avrebbero fatta passare liscia. E nel calcio ho incontrato allenatori che dicevano, 'non passare la palla come un frocio', per cui sono certo che non sarebbe stato facile". Due mesi fa Robbie Rogers, 27enne centrocampista del Leeds, ha fatto in contemporanea due annunci: che lasciava il calcio professionista, dopo un brutto infortunio, e che era gay. E' soltanto il secondo calciatore in Inghilterra a dichiarare apertamente la propria omosessualità. Il primo, Justin Fashanu, si impiccò nel 1998, dunque una certa prudenza da parte sua era giustificata."Volevo poter dire finalmente la verità ai miei genitori e alle persone che mi vogliono bene", aveva affermato il giorno in cui ha abbandonato il calcio giocato. Non era del tutto chiaro se smetteva a causa dell'infortunio che lo aveva limitato le sue apparizioni in campo con il Leeds, o perché riteneva che, per vivere apertamente la propria omosessualità, avrebbe dovuto troncare i suoi rapporti con il football. Ora, dopo due mesi di silenzio, Rogers comincia a parlare, in una intervista al quotidiano Guardian di Londra. Racconta come è cresciuto negli Stati Uniti in una famiglia profondamente religiosa e cristiana, e di come si è accorto di essere gay intorno ai 14-15 anni. Ma più o meno alla stessa età si accorse di essere molto bravo a calcio e inizio a giocare per le squadre giovanili di club professionisti negli Usa. Così decise di tenere segreto il fatto di essere gay e di continuare a giocare a calcio, una scelta che lo ha portato a vincere un campionato di massima serie di "soccer", come gli americani chiamano il gioco del pallone rotondo, e ottenere 18 convocazioni nella nazionale degli Stati Uniti.
Poi è arrivata la chiamata in Inghilterra, sul palcoscenico europeo, sia pure con una squadra di Championship, l'equivalente della nostra serie B, il Leeds, che ha comunque un passato lungo e glorioso. "Il mondo del calcio è pieno di gente molto in gamba e tanti calciatori sono persone di grande umanità", racconta Rogers nell'intervista. "Ma può anche essere uno sport brutale che ti ferisce gravemente e ti distrugge. Forse molti dei tifosi non sono omofobi, ma credo che se avessi rivelato la mia omosessualità mentre ancora giocavo la cosa non sarebbe passata inosservata. Se avessi giocato bene, i fans e forse anche i media avrebbero notato che il calciatore gay gioca bene. Se avessi giocato male, sarebbe successa la stessa cosa e anche di più. Tutto avrebbe ruotato attorno alla mia omosessualità". E il discorso, aggiunge, si può allargare agli allenatori. "Neanche loro sono apertamente omofobi. Ma quante volte li ho sentiti dire: 'Non passare la palla come un frocio'. E allora desideravo mandarli affanculo, dire loro: che cosa c'entra? Che differenza fa, se sei gay o no, nel modo in cui passi la palla? Forse pensano che sia una spiritosaggine ma non c'è niente da ridere".