Oggi avrei dovuto leggere questo paper al convegno "Geopolitcs of sexuality 3" alla Sapienza; non sono potuta intervenire per mal di denti. Lo pubblico comunque qui perché spero possa comunque essere uno strumento per alcun*: Le citazioni sono mancanti dei riferimenti bibliografici che si usano in sede di pubblicazione, è solo la forma per la lettura, e ne chiedo venie alle e agli amanti delle note a piè di pagina.
Riporto a mò di incipit uno stralcio di conversazione telefonica.
- Sai Liana, ho fatto fatica, ho dei concetti che svilupperò. Ci sono baluginii qua e là
- Paola, da qualche parte bisogna cominciare
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Paola Guazzo ( nessun diritto riservato )
Riporto a mò di incipit uno stralcio di conversazione telefonica.
- Sai Liana, ho fatto fatica, ho dei concetti che svilupperò. Ci sono baluginii qua e là
- Paola, da qualche parte bisogna cominciare
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Per questo testo non ho scelto una dimensione univocamente saggistica o narrativa; non contiene campionature sociologiche o analisi storiche – forse, a volte, baluginii di interpretazioni possibili - , né peraltro vi si ritrova la presenza esplicitante della soggettività di chi scrive, che pur è presente ai bordi del campo visivo e talora anche in esso.
Può trattarsi, in parte, di una psicogeografia situazionista, con alcuni atti di deriva.
Può anche riportare ai percorsi di Benjamin nella Einbahnstrasse, Strada a senso unico, anche se – trattandosi di lesbiche – auspico che i sensi possibili non siano mai unici, ma votati al détournement dell'esistente.
Cominciamo dunque il virtual tour di una città definita “La Superba”.
Via Balbi
Sede del Dipartimento di Filosofia di Unige; in esso alberga Nicla Vassallo, ordinaria di Filosofia Teoretica, nonché autrice del pamphlet “Il matrimonio omosessuale è contro natura? Falso!”, pubblicato quest'anno da Laterza, in cui la causa del “matrimonio same sex” viene affrontata da un'ottica prevalentemente filosofica, sedicentemente “socratica”. Vassallo non sembra interessarsi a quelli che definisce “approcci di matrice biologica, etno-antropologica, giuridica, psicologica, psicoanalitica o sociologica”, cioè a tutti gli approcci che non derivino dal campo che lei stessa si ritaglia in quanto “filosofico”.
Ne scrive un'esegeta genovese, Elvira Bonfanti, in un articolo titolato Il matrimonio omosessuale è contro natura? Facciamoci guidare dal logos “ Per Vassallo il Novum Organum di Francis Bacon rappresenta qualcosa di più di un condiviso sfondo concettuale entro cui condurre un'analitica riflessione: il rigore del metodo filosofico-scientifico vige in realtà nell'articolazione di questo saggio”.
Credo che, anche senza scomodare Adrienne Rich e Donna Haraway, chi si occupa di questioni lgbt, ma anche di logos , abbia invece come punto di partenza per le proprie indagini proprio i saperi situati, le intersezioni socioantropologiche dei punti di vista sul mondo. Parlare non è mai neutro, scrivere men che mai.
Ma lasciamo tanta pressante monoliticità del logos occidentale – e patriarcale - al suo corso accademico e esploriamo il lato oscuro della forza. Vassallo è anche poetessa.
Qualcosa di taciuto impera già nel retrocopertina dei suoi collected poems, che contiene la famosa citazione di Wittgenstein “su ciò di cui non si può parlare, bisogna tacere”. Certo, la frase di Wittgenstein è rivolta all'ambito logico-filosofico, e forse sarebbe stata più appropriata, per poesie in cui un'emotività crepuscolare e corpuscolare dilaga fino a frantumare ogni certezza nel Logos de' padri, una frase di Gertrude Stein. Del tipo “thank you for the difference in me”.
Leggiamo persino un'apologia del sesso macchinico che manderebbe in ecstasy o in altri stati psicotropi Paul B Preciado in persona “ La percossa della macchina/dentro,te/ che frullando fa agire/precisa,dimentica/senza tempo produce/soluzioni sedotte (...)quando le tue gambe/non devono cedere/alle rosee frustate/della macchina che consiglia-ordina-aiuta”. (17)
E ancora, in questo Novum Organum:” Ci si cala/ Ci si avvolge/Ci si assale ci si assolve ci si sgomenta”
E in effetti ci sgomenta un certo aggrovigliarsi di gruppi di famiglia in interni, di un sesso quantomeno ambiguo e tuttavia mai esplicitato in pubblico in certe sue turbolenze, che i testi fanno presagire saffiche, anche in senso neoclassico “ Nei giochi, negli oggetti/il brivido delle gambe/reggicalze sonnolento/turba e colpisce/infallibile arcano”(20)
Nella notte di Valpurga del 2015 il collettivo lesbico situazionista le Lanterne Lesbiche ha apposto sulla porta del Dipartimento di Filosofia una versione taroccata e autoadesiva di In limine di Eugenio Montale, il Vate locale. Ve ne leggo l'incipit “ Godi se la giovane ch'entra al seminario vi rimena l'ondata di Wittig? Qui dove affoga un morto viluppo di logos, matrimonio non v'era, ma un vil bestiario”
Piazza De Ferrari ovvero Les Duc
Passata la via aurea dei maravigliosi palazzi barocchi, già tanto cara al cicisbeato genovese post siglo de oro, si pergiunge alla fontana di Piazza De Ferrari, spurgante sprizzi talora azzurri, talora rosa, talora financo purpurea nella sera atavica. Su di essa svettano gli incontrovertibili trompe l'oeil. i finestroni di Palazzo Ducale.
Sede dei maggiori eventi culturali della città, il Palazzo non è chiuso, come molti ecomostri culturali italiani, a prospettive lgbt. Vi si svolge anche una sessione seminariale annuale curata da Luisa Stagi della Rivista “About gender”. A volte lesbiche l'hanno intersecata ( quest'anno Rachele Borghi). Altre volte lesbiche vi sono giunte per eventi sparsi: Paola Concia e Maya de Leo, per esempio. A febbraio di quest'anno è stato anche presentato A testa altra, libello di coming out (con scritti di Lidia Borghi Sagone, Loredana Finicelli, Manuela Menolascina ecc)
Il contesto ducale è quello di sale marmoree, ma A testa altra è stato presentato in una sala meno opulenta, e una migrante sudamericana – forse svelata finalmente a se stessa – si è commossa e ha pianto in pubblico. In fondo Les Duc si pronuncia in francese come Leduc, e Violette Leduc, seppur tormentata nella sua sessualità, ha scritto Thèrese et Isabelle.
Molo Giano
Scendiamo verso le acque torbide del porto. Giano come il dio latino bifronte e come la sede dell'arcigay locale, che è bifronte, più che perché gay e lesbica (c'è il terzo polo trans), in quanto divisa fra passato e futuro. Un passato recente di crescita di consapevolezza politica e culturale– a partire dal Pride nazionale del 2009 – è stato fermamente desiderato e organizzato da una lesbica morta nel 2014: Ostilia Mulas. Il suo fantasma aleggia su Molo Giano.
Arcigay è ora tornata alla sua fondazione più gay che lesbica? Quale sarà lo spazio che le lesbiche vorranno o sapranno trovare?
Marta Traverso, del Comitato Territoriale” Approdo-Ostilia Mulas”, è una militante presente ed attiva in di quella che comunque – seppur all'interno di una politica mainstream e istituzionale - è stata una crescita importante di consapevolezze e coming out in una città piuttosto marginale dal punto di vista della storia del movimento lgbt in Italia. In alcuni momenti le derive situazioniste di lesbiche meno appassionate a cammini istituzionali comunque marginalizzanti possono incontrarsi con certi approdi? Lascio aperta la domanda. Mi risponde apertamente Marta: “La tua domanda aperta rimarrà tale, non ho sufficiente lungimiranza per chiuderla. La scelta associativa – perché Arcigay questo è, oltre alla politica e alla militanza, un’associazione come tante – non piace per forza. C’è il ritrovarsi il mercoledì sera a vedere un film, il discutere il bilancio sociale una volta l'anno, l’allestire banchetti e volantini e mostre. Una goduria o una noia, dipende. Un più nutrito gruppo femminile è un’attraente, ma non così necessaria, utopia. In pochi mesi ho fatto la tessera Arcigay e sono stata eletta Consigliera, nel mezzo c'è stata la morte di Lilia, carismatica e avvolgente presenza in un comitato a prevalenza maschile, cis e non trans. Negativo? Per nulla. Il tuffo nel testosterone è un’esperienza divertente e appassionata. Politicamente scorretto, se ad affermarlo è una lesbica militante?”
Banano Tsunami
E' il nome di un locale del porto antico. Uno tsunami in macedonia? Un banana split? Un'apologia trash del fallo lesbico di Judith Butler? Ignoramus et ignorabimus. Fatto è certo che fra le passerelle e le banchine si svolgono serate danzanti lgbt, con pierre lesbiche.
The politics of dancing è senz'altro un fatto commerciale, ma è parimenti un luogo di socializzazione di base. Nuove forme di aggregazione politica dovrebbero tener conto del “bisogno di ballare” e produrne un détournement verso spazi di desiderio più consapevole ed attivo nei processi di destabilizzazione o tsunami sociale.
Sampierdarena, il Ponente, il West
Cos'è Genova senza i suoi estremi? La Liguria è regione orizzontale fondata sulla costa:Genova con i suoi quasi 50 km di lunghezza è un frattale della regione che la contiene. Il centro pesa, è per lo più sede delle iniziative mainstream che ho parzialmente illustrato, ma alle sue frontiere (l'ovest più proletario, l'est più borghese, diciamo per semplificare) premono interessanti soggettività e istanze politiche dislocate non solo in senso logistico. Chiedo a Manuela Menolascina, militante barese che si è trasferita nella zona ovest per lavoro una sua visione della città: “Il lesbismo genovese percepito dallo sguardo straniato di una militante migrante barese cresciuta a Pane e Wittig in uno dei movimenti più identitari di Italia,carattere visibile già nei percorsi più relativamente mainstream del circolo Arcilesbica locale nonché nella storia radicata e radicale di una communitas lesbo-femminista ( anche separatista) d'avanguardia. Nella Superba lo spirito radical-identitario che anima la mia città natia,portando a conquiste non indifferenti, sembra mancare totalmente.Un esempio eloquente ne è l'ossessiva espressione censoria"coloratamente" a cappello di quasi ogni iniziativa lgbt locale.Una mixité colpevole,direi,che invece di far emergere il potere sovversivo e liberatorio di ogni singola sigla del poliedrico mondo lgbtqi,si confonde vergognosamente con una festa per bimbi e famigliole no gender. Dunque crisi di identità e identità in crisi riscontrabili in modo palpabile nel dilagante terrore del coming out di molte lesbiche genovesi. A volte il coming out c'è, ma piuttosto come "vittoria mutilata" essendo sconnesso da una rete di relazioni e reazioni che lo renderebbero significativo in senso politico. Unico spiraglio e guado che potrebbe condurre a percorsi alternativi rilevanti e "rivelanti"è una rete di centri sociali sensibili alle istanze lgbt e con una apertura anche teorica al discorso queer o anche a visioni altre che destabilizzino il paradigma dell'eterosessualità obbligatoria.”
Manuela trova interessanti le iniziative politico-culturali delle quali è dea ex machina Laura Tonelli, preziosa saldatura fra mondo della sinistra non Pd e movimento lgbt. Gli eventi svoltisi al centro sociale sampierdarenese “La fortezza” quest'estate segnano il passo di un percorso interessante, del quale è stato viva parte il Rainbow Pangender Pansessuale Gaynet Genova, che vede impegnate anche attiviste lesbiche.
Djuna, ovunque, rete
Altra forma di aggregazione lesbica genovese è il gruppo virtuale facebook chiamato “Djuna”, da Djuna Barnes. Djuna è degno di nota perché è il primo gruppo genovese virtuale che coinvolge lesbiche di tutta Italia, spesso con dibattiti e notizie aggreganti. Ci sarà un gruppo che va a vedere “Carol” ben munito di kleenex? Anche questa è già politica?
Appare chiaro da questo esempio quanto i flussi lesbici metropolitani non siano solo legati al vivere materialmente e stabilmente in città. In qualche modo, nell'epoca di whatsapp e degli spostamenti rapidi, esiste un iperspazio relazionale – ed anche politico -che sconvolge i concetti di centro e di margine. Per questo ritengo ora utile esplorare due connessioni liguri extraurbane, una a Ovest e una Est.
Casa Ubaga
Casa Ubaga è situata in Val Arroscia, non lontana da quel Cosio di Arroscia dove – nel retrobottega di un bar – fu fondata l'Internazionale situazionista. Passo d'avanguardia, quello dei monti liguri in parte già legati alla Francia, ai passeurs frontalieri, che trovano il loro canto epico nei libri di Biamonti? E due passeuses sono anche Mary Nicotra e Roberta Padovano, lesbiche militanti torinesi che hanno acquistato alcune case semidiroccate a , per farne – cosa? Una repubblica partigiana biodinamica di frontiera, amo pensare. “ Quando ci siamo innamorate di questo luogo (…) non sapevamo cosa sarebbe diventato”
“ Il progetto ha preso forma mentre continuavamo a chiederci quale era il progetto, invitando amici e amiche a passare il tempo lì con noi”. E lesbiche si sono incrociate a casa Ubaga con i loro saperi: per esempio Patrizia Ottone e Margherita Giacobino. Il luogo continua a crescere random e rizomatico.
Quasi in contemporanea a questo convegno romano vi si svolge -a cura dell'associazione Sapereplurale - il seminario autobiografico-filosofico “Contro le passioni tristi”, che vuole affrontare importanti nodi delle nostre esistenze nella e in crisi, alla ricerca di tracce e indizi verso nuovi desideri: “ (…) Ci portiamo anche dentro una sotterranea ribellione a vivere questa tristezza e questa freddezza delle passioni: per formazione, per tenacia, per voglia di felicità, per etica, per aver sperimentato passioni calde in un passato di cui è indelebile la memoria, per indisponibilità a cedere agli imperativi narcisistici dominanti e alla passività verso il tempo presente. (…) Non sarà forse una nuova connessione intersoggettiva, il luogo da riscoprire per poter tornare alle passioni calde? Non sarà che non c'è desiderio da coltivare se non nel reimparare a “sentirsi nel mondo” più che nel perseverare a volerlo possedere? “. Fra conversazioni, pensiero filosofico comune e amore intellettuale declinato à la Spinoza, la psicogeografia situazionista lesbica declinata nella fluidità vivente di casa Ubaga continua ad incrociarsi con il mondo.
Il Circolo di Deiva, ovvero “ l'importante paradossalmente non è l'unione, più o meno “civile”, ma la resistenza individuale e collettiva allo scempio di essa, qualora accada” (appunti del Circolo)
A est c'è Deiva, parola vicina a deriva; qui si è riunito per tutta l'estate 2015 quella che forse Mary Daly chiamerebbe “company of wilde and strange”. Eterogenea rispetto ai gruppi lesbici sia radicali che “riformisti”, la configurazione del Gruppo di Deiva può contenere o non contenere istanze e distanze di tutti i tipi: ne fanno parte “cagne sciolte”, lesbiche politiche, creative o semplicemente esistenti. Ha contatti produttivi sia con casa Ubaga che con Le Lanterne Lesbiche, ma fa un lavoro diverso: lo sporco lavoro di chi analizza le relazioni fra donne, sia dal lato della potenza che dell' empietà relazionale
Non esistono seminari, ma dialoghi costanti su avvenimenti esteriori ed interiori. Ci sarà una progettualità? Forse non conta, per ora conta “raccogliere il nucleo”, anche dei propri silenzi e bugie. Vuol essere – a suo modo – un gruppo produttivo di diversi stati dell'essere in relazione. Ne dice Pablita X ( che vuol restare X ) facendo colazione al bar:“ Già negli anni Novanta Lidia Cirillo, nella Lettera alle romane, individuava come fragilità nelle forti prospettive della politica lesbica i marasmi delle relazioni d'amore. Intensità che possono a volte distruggere percorsi soggettivi e politici. Io, anche se ci metto tutta me stessa, non sono convinta che si possa espellere il lesbian drama dalle nostre vite. Gli innamoramenti e le loto fluttuazioni, per quanto effimere, e anche le ambiguità e le rotture, segnano le nostre vie. Credo che il poliamorismo, almeno nella sua vulgata corrente, sia più spesso un gioco di potere che una forma di liberazione necessaria, impaniato come le nostre vite in una logica neoliberista di gestione di menti e corpi. Le menti, soprattutto... Dirò una cosa impopolare e pericolosa: credo che ci voglia una communitas riconfigurata in senso sacro. Siccome è un'affermazione pesante non intendo motivarla. Ognuna pensi a ciò che è confine in sé, io sto solo faticosamente elaborando. Tiaso? Che ne so! Forse “spaccare” si può ,dentro e fuori la coppia classica, dentro e fuori lo “scopare in giro”? Forse è solo un circolo vizioso di cose già dette? O è possibile rimettere in gioco in un circolo diverso le passioni? Se ne sente l'eco sotteso in giro, fra le vie popolate da zombie anche lesbici? Bah, in fondo io per ora so solo una cosa: se esiste un collettivo in grado di lavorare sul linguaggio, forse anche nel senso di rivoluzionarne gli schemi, io mi ci ficco. Non è solo una questione di pronomi maschili e femminili, la posta in gioco è “l'imprevisto dei rapporti fra donne”, come direbbe Audre Lorde”.
Leggiamo quindi, infine, un brano scritto da Sonia Zammitti, che offre la sua casa e la sua generosità alle convitate: “ Mi ricomponi/Ti ricomponi//sbattendo sui muri i corpi notturni (…) Poi di nuovo le mani sul tuo culo per ancorarmi alla non morte”.
Conclusioni psicogeografiche
Sembrano proporsi visioni diverse, ma quasi tutte conciliabili a partire dall'esigenza dell'“uscir fuori”. Esiste un conflitto etico: la distanza fra chi sceglie la visibilità e chi si cela, o sceglie ambigue forme miste, per esempio scrivendo di matrimoni lgbt ma non dichiarandosi e appellandosi a una sorta di dont't ask don't tell pubblico. Fratture multiple possono ritrovarsi nello stesso soggetto, fra pubblico e privato e financo – crocianamente? - fra prosa e poesia.
Un disagio diffuso, a volte sotteso, altre esplicito, lo provoca la mancanza di un'espressione sociale (comunitaria?) che non sia solo nel gruppo delle amiche fidate. A questo in qualche modo sopperisce la dilatazione degli spazi di contatto e dell'immaginario via internet. E'in fondo il web 2.0 la vera formazione sociale specifica. Non va considerato in alcun modo un ambito puramente virtuale, ma una risorsa reale e intergenerazionale di cui forse non si conoscono ancora impatti e dimensioni.
Le distanze fra i posizionamenti in certi casi appaiono elastiche, in altri casi marcate dalla non conoscenza dei pur importanti passi della politica lesbica in Italia; Ostilia Mulas ne è stata l'intelligente collante sul territorio, ed il lutto per la sua assenza è durevole perché Genova non è stata più in grado di catalizzare forze emblematiche in questo senso. En passant, voglio dedicare a lei questo intervento, anche se l'ultima volta che l'ho vista, incontrandola sulle scale del Ducale, l'ho rimproverata – Ho presentato più di venti volte R/esistenze lesbiche in tutta Italia, ma a Genova zero. -
Alcuni gruppi sentono l'esigenza di lavorare su correnti profonde, per trovare e ritrovare una dimensione del desiderio fra donne in grado di riconfigurare rizomaticamente anche la polis, o quel che resta di essa. Non sono gruppi classici, in cui sia ancora possibile un “protagonismo-leaderismo lesbico” anni Novanta o anche solo un'azione politica organizzata in senso associativo-partitico: l'ottica della rete sembra averli percorsi.
Il resto è in corso di svolgimento. Paola Guazzo ( nessun diritto riservato )