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Nba, il coming out di Jason Collins

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30-04-2013 - Vari -
NBA, JASON COLLINS: "SONO GAY". PRIMO ATLETA PRO A DICHIARARSI OMOSESSUALE
"Alcuni di noi conoscono e accettano da subito la propria sessualità, altri hanno bisogno di più tempo. Io ci ho messo 33 anni"
da Corriere della Sera



Collins: «Vi dico la verità: sono gay»
Il pivot della Nba rompe il tabù - Complimenti di Clinton e Obama

«Immagina di essere in cucina, e di cuocere qualcosa nel forno. C'è gente che accetta la sua sessualità subito. Altri hanno bisogno di tempo. Ecco, io ho cotto nel forno per 33 anni».
Le metafore, certe volte, aiutano. Martina Navratilova, nel paleolitico, quando per un'atleta dichiararsi omosessuale era tutto fuorché di moda, chiese aiuto alla raccolta differenziata: «È come riciclare. Se ricicli fai la tua parte per l'ambiente. Se fai outing fai la tua parte per il movimento gay. E a me piace riciclare». Era il 1981. Jason Paul Collins, centro dei Washington Wizards, fratello gemello di Jarron (ultimo ingaggio ai Portland Blazers), aveva tre anni.
In quei trent'anni durante i quali è rimasto in sospensione, fingendo di essere chi non era («Sono uscito con le donne. Mi sono persino fidanzato. Credevo di dover vivere in un certo modo: sposare una donna e allevare dei figli con lei. Continuavo a ripetermi che il cielo è rosso, pur sapendo benissimo che il cielo è blu») e dando fondo al suo personalissimo serbatoio di ipocrisia («Avevo il terrore di dire la cosa sbagliata, non dormivo bene la notte, ho inventato le bugie più penose: ci vuole un enorme investimento di energia per mantenere un segreto così grande»), Jason Collins ha attraversato tutto l'arco costituzionale della Nba, il campionato di basket professionistico americano. Ha una media di 3.6 punti e 3.8 rimbalzi con sei franchigie diverse: Nets, Grizzlies, Timberwolves, Hawks, Celtics e Wizards. All'apice della carriera, nel 2001, fu la 18esima scelta del draft. Lo scorso febbraio è passato da Boston a Washington. Da ieri è «il giocatore gay dell'Nba».
Quando finiscono le metafore, infatti, cominciano le etichette. Justin Fashanu (1990) è stato il primo calciatore. Greg Louganis (1994) il primo olimpionico. Gareth Thomas (2009) il primo rugbista. Martina Navratilova la prima, e basta. Sotto l'etichetta («the first active male player in the 4 major american professional sports» come ieri hanno scritto tutti i giornali e i siti statunitensi) c'è la storia, molto vera, molto americana e molto umana di un ragazzo cresciuto nei sobborghi di Los Angeles, raccontata con ironia («Provengo da una bella famiglia e ho avuto un'infanzia felice, che ci crediate o no...») a Franz Lidz di Sports Illustrated, che sul primo outing dello sport americano ha costruito una copertina che dice tutto quello che c'è da sapere. «Ho 34 anni. Gioco centro nell'Nba. Sono nero. E gay».
Il viaggio dentro se stesso ha portato Jason attraverso nove playoff in 12 stagioni sotto canestro, comprese due finali per l'anello. Ma è stata la drammatica trasformazione di Boston — da città gay friendly a teatro degli attentati alla maratona del 15 aprile scorso — a provocare la serena trasformazione di Collins. Lui la racconta così: «Quando giocavo nei Celtics, vidi il mio vecchio compagno di stanza a Stanford, Joe Kennedy (nipote di Robert F. Kennedy ndr), oggi importante uomo politico, marciare in testa alla sfilata del gay pride 2012. Per la prima volta mi scoprii geloso: geloso della libertà con cui aveva dichiarato al mondo la sua vera essenza. Le bombe alla maratona, due settimane fa, mi hanno mostrato con chiarezza che tutto può cambiare in un istante. Perché non cominciare a vivere nella verità da subito, allora?». Jason l'ha detto alla zia Teri. Poi al gemello Jarron. Ha scoperto che lo zio Mike è omosessuale. E spera di continuare a giocare a basket ad alto livello. L'accoglienza è stata trionfale. Bill Clinton ha esultato («Momento fondamentale per lo sport»), la figlia Chelsea, ex compagna d'università, ha twittato: «Fiera di te». Si sono felicitati la Navratilova, Spike Lee, Kobe Bryant e persino la Casa Bianca. L'etichetta funziona, e ha scatenato il dibattito: «Quanti seguiranno il mio esempio?».
Gaia Piccardi

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da Gazzetta dello Sport

Nba, Jason Collins: "Sono gay". Primo atleta pro a dichiararsi omosessuale

Davide Chinellato

Jason Collins ha scelto le pagine di Sports Illustrated per il coming out: quest'anno ha giocato 38 partite con Boston e Washington.

“Sono un centro Nba di 34 anni: sono nero. E sono gay”. Bastano poche parole per far cadere una barriera. Jason Collins, veterano di 713 partite che nel 2012-13 ne ha giocate 38 tra Washington e Boston, ci ha messo 34 anni per realizzare di essere omosessuale e ha deciso di abbattere il muro, diventando il primo giocatore in attività apertamente gay negli sport professionistici di squadra più importanti degli Usa. Una confessione portata al mondo dalle pagine di Sports Illustrated con una articolo scritto in prima persona in cui il giocatore si confessa, spiega le sue motivazioni e immagina quello che lo aspetta ora: “Sono contento di poter smettere di nascondermi e tornare a concentrarmi sulla mia 13ª stagione Nba – spiega -. Dimostrerò che i giocatori gay non sono diversi dagli etero”. Teme di essere emarginato Collins, ma la solidarietà e il rispetto che la Nba (e non solo, visto che anche l’ex presidente Usa Bill Clinton gli ha mandato un messaggio) gli mostrano sono grandi da subito.

Chi è collins — 34 anni, uscito da Stanford nel 2001 assieme al fratello gemello Jarron (“Non sono mai stato così orgoglioso di lui” ha scritto su Twitter), Jason Collins ha giocato con Nets, Memphis, Minnesota, Atlanta, Boston e Washington, arrivando alle Finals con New Jersey nel 2002 e nel 2003. In 12 anni tra i professionisti viaggia a 3,6 punti e 3,8 rimbalzi a partita in 20,3 minuti. Ma sul campo si è sempre distinto. “L’unica etichetta che accetto nella mia vita è quella di professionista tra i professionisti – racconta Collins su Sports. Me la sono guadagnata giocando senza paura e sacrificandomi per i compagni. Sono sempre stato un duro e sono certo che il fatto che proprio un giocatore come me sia gay scioccherà molti. Sono sempre stato un duro per dimostrare che essere gay non significa non poterlo essere? Non lo so, per me conta solo vincere”.


Perché proprio ora — Collins racconta di aver dovuto fare i conti con la sua sessualità durante il lockout 2011, ma di aver deciso di dichiararsi a marzo, durante il dibattito della Corte Suprema Usa sui matrimoni gay: “Era l’occasione per far sentire la mia voce – dice -, ma non potevo dire nulla perché temevo che il mio mondo sarebbe crollato se qualcuno avesse saputo”. Ora è pronto a combattere il pregiudizio: “Il mio coming out non basterà a cancellarlo del tutto, ma parlerò personalmente con qualsiasi giocatore avrà problemi con la mia confessione. Essere gay non è una scelta. La preoccupazione maggiore sembra essere il comportamento di un giocatore omosessuale in spogliatoio: nei miei 12 anni di carriera ho fatto tantissime docce e mi sono sempre comportato in modo professionale. Tutto questo non cambierà”.

L'nba lo abbraccia — Il coro di consensi per la scelta di Collins è unanime. “Siamo contenti che Jason abbia scelto di diventare il leader di questo problema così importante. Durante tutta la sua carriera si è guadagnato il rispetto dei compagni e della Nba tutta” racconta il commissioner David Stern. “Sono orgoglioso di lui – scrive Kobe Bryant su Twitter -. Non nascondete chi siete per colpa dell’ignoranza degli altri”. E anche via social network Collins dagli altri colleghi riceve solo congratulazioni.A cui si aggiunge quella di Bill Clinton: “Conosco Jason da quando era a Stanford con mia figlia Chelsea. Il suo è un annuncio importante per la storia dello sport e della comunità omosessuale”. A luglio però sarà ora di confrontarsi con la realtà: Collins è free agent e andrà a caccia di un contratto. Lo troverà?
Davide Chinellato

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Nba, Jason Collins: "Essere gay non è una scelta"

Da Sports Illustrated, un estratto del coming out del 34enne centro che nel 2012-13 ha giocato con Boston e Washington

Jason Collins è il primo giocatore Nba a dichiararsi gay mentre è ancora in attività. Di seguito un estratto dell'articolo pubblicato su Sports Illustrated con cui ha fatto coming out

"Non ho scelto io di essere il primo atleta apertamente gay a giocare in uno degli sport più importanti d'America. Ma visto che lo sono sono contento che se ne parli. Non vorrei essere quello che alza la mano e dice di essere diverso. Ma visto che nessuno l'ha fatto tocca a me. Ho giocato per 6 squadre diverse e in 2 Finali Nba. Ora sono un free agent, sia in senso letterale che figurato. Ho raggiunto quell'invidiabile stato della vita in cui posso fare quello che voglio. E quello che voglio è continuare a giocare a basket. Amo ancora questo sport, e ho ancora qualcosa da offrire. I miei allenatori e i miei compagni lo sanno. Ma allo stesso tempo voglio essere genuino, autentico e sincero. Perché mi sto dichiarando proprio adesso? Ho iniziato a pensarci durante il lockout del 2011. Sono un tipo abitudinario, uno che appena finisce la regular season si mette a lavorare per essere al meglio all'opening night di quella successiva. Ma la serrata mi ha costretto a sconvolgere le mie abitudini e a confrontarmi con quello che sono realmente. Mi sono allenato, ma mi è mancata quella distrazione che il basket è sempre stata per me".

Ho vissuto in una bugia, ero certo che il mio mondo sarebbe crollato. Ma quando finalmente ho capito la mia sessualità mi sono sentito completo per la prima volta

paure passate — "Il primo parente con cui mi sono dichiarato è stata mia zia Teri, giudice della corte superiore di San Francisco . Mi ha dato supporto e per la prima volta mi sono sentito a mio agio nella mia stessa pelle. Immaginate di essere in un forno a cuocere. Alcuni di noi conoscono e accettano la propria sessualità da subito, altri hanno bisogno di altro tempo per cuocere. Io sono rimasto in cottura per 33 anni. Da giovane uscivo con le donne. Mi sono anche fidanzato. Perché pensavo di dover vivere in un certo modo, sposare una donna e crescere dei figli con lei. Continuavo a dirmi che il cielo era rosso, ma ho sempre saputo che era blu. Nessuno vuole vivere nel terrore, ma io ho sempre avuto paura di dire la cosa sbagliata. Non dormo bene, non ci sono mai riuscito. Ma ogni volta che lo dico a qualcuno, mi sento più forte e riesco a dormire un pochino meglio. Serve un enorme quantitativo di energia per difendere un segreto così grande. Ho vissuto a lungo in una bugia. Ero certo che il mio mondo sarebbe crollato se qualcuno avesse saputo. Eppure quando ho finalmente capito la mia sessualità mi sono sentito completo per la prima volta. Ho lo stesso senso dell'umorismo, le stesse maniere e i miei amici sono ancora dalla mia parte".


La filosofia di collins — "Sto iniziando a capire l'enigma che chiamo me stesso. Non voglio lasciare che la mia razza o il orientamento sessuale mi definiscano. Non voglio essere etichettato e non voglio che le etichette imposte da altri mi definiscano. In campo però ho accettato l'unica etichetta che penso mi definisca meglio delle altre: un professionista tra i professionisti. Me la sono guadagnata giocando senza paura e sacrificandomi per i compagni. Subisco e commetto falli (i 322 della stagione 2004-05 sono stati il massimo in Nba). Mi sacrifico per i miei compagni. Non sono spaventato da nessun avversario. Anche se Shaquille O'Neal merita la Hall of Fame, ho sempre cercato di metterlo in difficoltà (Shaq, le simulazioni non hanno niente a che fare col fatto che sono gay). Ho il paradenti, i polsi fasciati. Avanti, sotto col prossimo colpo: mi rialzerò. Voglio andare contro uno stereotipo gay e sono certo che molti giocatori saranno scioccati dal fatto che un giocatore come me sia gay. Ma sono sempre stato uno duro in campo, fin dai tempi del liceo. Sono così duro per dimostrare che essere gay non significa essere morbido? Chi lo sa. Le mie motivazioni, come il mio contributo, non è misurabile dalle statistiche, di cui onestamente non mi importa. Per me conta vincere".

Sono un veterano e mi sono guadagnato il diritto di essere ascoltato. Dimostrerò che i giocatori gay non sono diversi dagli etero

la scelta — "Nascondere la mia sessualità è diventato insostenibile a marzo, quando la Corte Suprema stava decidendo sui matrimoni gay. Era la mia chance per essere ascoltato, ma non potevo dire nulla. Sono contento di dichiararmi nel 2013 e non nel 2003. L'opinione pubblica ora la pensa diversamente, ma c'è ancora tanto da fare. La mia doppia vita mi ha sempre impedito di legare veramente con i miei compagni. All'inizio della mia carriera ho lavorato duramente per sembrare etero, ma ora gli do poca importanza. Quando sono con i miei compagni mi importa solo vincere. La preoccupazione maggiore su un giocatore gay è il suo comportamento nello spogliatoio. Credetmi, ho fatto tantissime docce nei miei 12 anni di carriera: il mio comportamento non è mai stato un problema e non lo sarà ora. Sono un veterano e mi sono guadagnato il diritto di essere ascoltato. Dimostrerò che i giocatori gay non sono diversi dagli etero. Non ho mai parlato tanto, ma ho fatto sentire la mia voce quando qualcosa non mi sembrava giusto. Non ho mai cercato la fama. E anche se mi sto dichiarando al mondo proteggerò la mia provacy. Spero che i tifosi rispetteranno la mia scelta. Il mio coming out non servirà a cancellare completamente il pregiudizio, ma è un buon punto di partenza. Parlerò con qualsiasi giocatore si sentirà a disagio dalla mia dichiarazione. Essere gay non è una scelta. Questa è la strada più complicata ed è una strada solitaria".

Il futuro — "Sono felice di poter smettere di nascondermi e concentrarmi sulla mia 13ª stagione. Mi sto già allenando perché, tra i professionisti, più invecchi e più devi essere in forma. La prossima stagione avrò gli occhi di molti puntati addosso. Tutto questo mi motiva a lavorare ancora più duro. Il basket professionistico è come una grande famiglia, e più o meno in ognuna di esse c'è un fratello, una sorella o un cugino gay. Nella fratellanza della Nba tocca a me"

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da La Repubblica



Mai un atleta professionista Usa aveva rivelato la propria omosessualità. Anche Obama applaude

Collins, storico coming out “Sono gay e gioco nella Nba”

ALESSANDRA RETICO

Le parole per dirlo le ha trovate da poco, ma è tanto che le cerca: «Sono un centro Nba di 34 anni. Sono nero. E sono gay». Ha degli occhi bellissimi Jason Collins, a guardarli capisci quanta storia c’è dentro, una luce strana, di qualcosa che muore poi nasce davvero. «Non puntavo a diventare il primo atleta dichiaratamente omosessuale in uno sport di vertice in America. Ma visto che è così, sono felice di cominciare la conversazione». Parla molto, prima non poteva, non sapeva come. «Poi le bombe a Boston mi hanno dato ulteriore forza: non c’è un momento perfetto, le cose possono cambiare in un istante, allora perché non vivere sinceramente?». Quel sorriso sulla copertina di Sports Illustrated, la scrive lui stesso la storia che nessuno ha avuto il coraggio di raccontare finora. Sul settimanale sportivo più prestigioso negli Stati Uniti. Nel paese di un presidente nero che si batte per i diritti degli omosessuali ma dove certi miti, di vigore, di machismo, specie nello sport, sono ancora barriere. La Casa Bianca apprezza la scelta di Jason: «Gesto coraggioso quello di Collins, un altro esempio di progresso ed evoluzione negli Usa dove cresce nella gente maggiore sensibilità verso i diritti e i matrimoni gay». Ma dove nei prossimi mesi la Corte Suprema si esprimerà sulla validità o meno delle nozze tra omosessuali ammesse in una decina di stati. E questo Collins proprio no, non ce la fa a sopportarlo: «Nove giudici a decidere della mia felicità». Primo atleta a uscire allo scoperto mentre è ancora in attività, giocatore del massimo campionato di basket al mondo, quello dei LeBron James nei poster nelle camerette. Kobe Bryant la stella dei Lakers, pop star che finisce anche sulle merendine: «Orgoglioso di Jason. Non bisogna soffocare se stessi per l’ignoranza degli altri». Nero anche Spike Lee, tifoso sfegatato dei New York Knicks: «Jason ha appena fatto una cosa meravigliosa, siate sempre voi stessi». Collins adesso è sul mercato, nell’ultima stagione ha giocato con i Washington Wizards e i Boston Celtics, sei squadre in dodici anni, due finali Nba con i New Jersey Nets: «Con su la maschera: per lealtà ai miei club. Ma nessuno vuole vivere nella paura». Quella di tradirsi. «Ma avevo la maglia numero 98: l’anno in cui hanno torturato e ucciso uno studente gay del Wyoming ». I Clinton lo conoscono, Jason, la figlia Chelsea era sua compagna a Stanford: «Un ragazzo che merita sostegno e rispetto». Quello che faticosamente ha trovato Martina Navratilova, una pioniera del coming out, nell’81, quando si trasferì in America: «Ben fatto Jason, sei coraggioso». Lui spera ma chissà: «La sincerità non può disarmare completamente il pregiudizio. Spero per il meglio, ma mi preparo al peggio ». È single Jason. Di buona famiglia, cattolica. La nonna materna dalla rurale Louisiana, la zia Teri giudice a San Francisco, la prima alla quale l’ha confessato «sentendomi per la prima volta col bottone della censura spento: mi sono sentito proprio nella mia pelle, lei mi ha risposto con dolcezza che lo aveva sempre saputo ». Ha un fratello gemello, Jarron, anche lui ex Nba, cui ha detto solo l’estate scorsa chi era davvero: «Da ragazzo io non ero attratto dalle donne. La sincronia gemellare è saltata presto». Non il sentimento dell’essere Jason, il campione finalmente gay.

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da Il Fatto

“In ogni famiglia c’è un gay. Nell’Nba sono io”. Il coming out di Jason Collins

Il 34enne giocatore dei Washington Wizards è il primo cestista dichiaratamente omosessuale del campionato americano. Coro di apprezzamenti per le sue parole, pubblicate in un articolo su Sports illustrated, da Kobe Bryant all'ex presidente Bill Clinton

di Luca Pisapia

“Non avevo programmato di essere il primo atleta dichiaratamente omosessuale a giocare in uno dei tre grandi sport di squadra americani. Ma già che lo sono, parliamone…”. Comincia così il lungo articolo, scritto di suo pugno per il numero di Sports Illustrated in edicola il prossimo 6 maggio, con cui Jason Collins, giocatore di basket della NBA, decide di fare coming out. Nato 34 anni fa in California, centro di Stanford nel campionato universitario NCAA e poi di sei squadre tra cui New Jersey Nets e Boston Celtics nei professionisti della NBA, Collins attualmente gioca nei Washington Wizards. E benché il suo contratto scada a fine stagione, è a tutti gli effetti un giocatore ancora in attività: il primo a dichiararsi omosessuale.
“Continuavo a dirmi che il cielo era rosso, ma ho sempre saputo che era blu – scrive Collins nel lungo articolo – nessuno vuole vivere nel terrore, ma io ho sempre avuto paura di dire la cosa sbagliata (…) Serve un enorme quantitativo di energia per difendere un segreto così grande. Ho vissuto a lungo in una bugia, perché ero certo che il mio mondo sarebbe crollato se qualcuno avesse saputo. Eppure, quando ho finalmente capito la mia sessualità, mi sono sentito completo per la prima volta”. Ad aiutarlo, spiega, sono stati una zia giudice a San Francisco e il congressman democratico Joe Kennedy, suo compagno all’Università, dopo che a marzo, quando la Corte Suprema statunitense è stata chiamata a deliberare sui matrimoni gay lui avrebbe voluto dire la sua ma si è sentito impotente.

Se l’ex giocatore dell’NBA John Amaechi, che fece coming out nel 2007 dopo essersi ritirato, è diventato icona e attivista gay, Collins spera che la sua uscita serva soprattutto alle giovani generazioni dello sport americano. “Il mio coming out non servirà a cancellare completamente il pregiudizio, ma è un buon punto di partenza – ha scritto – sono felice di poter smettere di nascondermi e concentrarmi sulla mia tredicesima stagione. La prossima stagione avrò gli occhi di molti puntati addosso. Tutto questo mi motiva a lavorare ancora più duro. Il basket professionistico è come una grande famiglia, e in ognuna di esse c’è un fratello, una sorella o un cugino gay. Nella fratellanza Nba tocca a me”.

Tra le molte reazioni entusiaste al coming out di Collins, da registrare quella di Kobe Bryant, la stella assoluta del basket americano che su Twitter ha scritto: “Sono molto orgoglioso di Collins. Non dovete mai nascondere chi siete per colpa dell’ignoranza degli altri”. Poi è arrivato il plauso del presidente dei Washington Wizards e di altri colleghi. E infine anche l’endorsment dell’ex presidente Bill Clinton: “Conosco Jason dai tempi di Stanford, quando era collega di mia figlia Chelsea. Il suo è un annuncio importante per la storia dello sport e della comunità LGBT”. Più in generale, sulla stampa americana Jack Collins è già stato paragonato da molti a Jackie Robinson, il primo atleta di colore a giocare nel baseball a stelle e strisce, sottolineando l’impatto sociale e politico che possono avere gli sportivi quando fanno la cosa giusta.

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da La Sicilia



«Sono gay», il coming-out di Collins scuote la Nba

Marcello Campo

Washington. Jason Collins, 34 anni, nero, dei Washington Wizard è il primo atleta dello sport professionistico Usa a dichiarare, quando è ancora in carriera, di essere gay. Collins, facendo coming out in un'intervista a "Sport Illustrated" ha così rotto un tabù per lo sport superprofessionistico americano.
Alla notizia esclusiva, la rivista ha dedicato la copertina con la foto di Collins sorridente e accanto il titolo «L'atleta gay».
Nella storia dello sport mondiale, scalpore fecero le rivelazioni di Martina Navratilova nel tennis o ancor prima del mito dei tuffi Greg Louganis. Il muro del silenzio nel calcio fu invece rotto da Justin Fashanu, attaccante inglese, poi suicida per le accuse di stupro a un ragazzo. A modo loro, anche le parole di Collins segnano una tappa: egli è infatti il primo campione gay in attività di uno dei quattro massimi sport ultrapopolari d'America, come il baseball, il basket, il football e l'hockey.
«Non ho fatto questo gesto per essere il primo, ma visto che lo sono sono contento di cominciare questo dibattito. Mi sarebbe piaciuto - spiega Collins - non essere il primo bambino ad alzare il ditino in classe e dire ‘sono differente'. Se le cose fossero andate a modo mio, qualcun altro avrebbe fatto questa mossa prima di me. Ma siccome non è andata così, m'è toccato alzare il dito. Il basket professionistico è come una famiglia. E capita a tutte le famiglie di avere un fratello, una sorella, un cugino che è gay. Ora nella fratellanza che lega noi giocatori è solo capitato che uno l'abbia detto».
Rivela di aver preso questa decisione dopo le bombe di Boston, la città della squadra in cui ha giocato anni fa. «Ho speso troppe energie per tenere coperto un segreto così grande. Ho passato anni difficilissimi e ora che ho reso noto la mia sessualità per la prima volta mi sento di vivere pienamente. Jason è stato anche collega di università di Standford di Chelsea Clinton, la figlia di Bill e Hillary.
«Conosco Jason da allora - commenta l'ex presidente - e oggi è un giorno importante per lo sport professionistico americano e per la storia della comunità gay».
Mesi fa, la questione della presenza di atleti gay nello sport professionistico americano fu al centro di enormi polemiche, dopo che, alla vigilia del Superbowl, un giocatore dei San Francisco 49ers, Chris Culliver, disse che non avrebbe gradito un compagno omosessuale in squadra. Per quelle parole fu costretto a scusarsi. Rimaneva il fatto che nell'America moderna, quella in cui una ventina di stati autorizzano le nozze tra persone dello stesso sesso, lo sport resta un luogo complicato per omosessuali. Ma forse non ancora per molto.
Un'altra federazione professionistica, la Nhl, quella dell'hockey sul giaccio, tempo fà lanciò una campagna a favore dei gay dal titolo «You Can Play». E poi, basta seguire il flusso dei soldi per capire che qualcosa s'è messo in moto.
Secondo un'indiscrezione diffusa da Bloomberg qualche settimana fa, cioè prima del coming out di Collins, la Nike, il gigante Usa degli articoli sportivi, non vedeva l'ora di sponsorizzare il primo sportivo professionista apertamente gay. Non è solo un fatto di uguaglianza dei diritti, ma di business: secondo le ultime stime il potere d'acquisto della popolazione gay negli Stati Uniti ammonta a circa 800 milioni di dollari, cioè 610 milioni di euro.

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da Globalist.it

Obama chiama Jason Collins: hai coraggio

Il grande cestista aveva rivelato di essere gay, rompendo un tabù. Un messaggio anche di Michelle: sono così orgogliosa di te...

Il presidente americano Barack Obama ha chiamato personalmente Jason Collins, il cestista che ha fatto coming out dichiarando di essere gay, per esprimergli il suo appoggio, dicendo di essere "colpito dal suo coraggio". Lo ha riferito una fonte della Casa Bianca alla Cnn.

Anche Michelle Obama, su Twitter, si è complimentata con il giocatore Nba: ''Sono così orgogliosa di te, Jason Collins. Questo è un enorme passo in avanti per il nostro Paese. Siamo con te".


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